Musei in 5 opere:
Pinacoteca Ambrosiana
by Cristian Camanzi
by Cristian Camanzi
Nuovo appuntamento per la rubrica con la quale vi portiamo alla scoperta dei musei nel mondo. Un po’ quello che vi aspetta scaricando la nostra app QuickMuseum, che trovate disponibile gratis sia per dispositivi Apple che per Android. Grazie alle sue mappe, alle audioguide, ai giochi e ai percorsi personalizzati potrete esplorare le splendide collezioni dei più importanti musei d’Europa, ma non solo. Abbiamo aggiunto anche alcune realtà museali più piccole, ma che riguardano la nostra regione, l’Emilia Romagna.
Oggi siamo in Italia, più precisamente a Milano, all’interno della Pinacoteca Ambrosiana. Una collezione di disegni e di dipinti, piccola ma di altissima qualità. I dipinti appartengono soprattutto ad artisti italiani ma c’è anche l’eccezione di Jan Brueghel.
Due angeli stanno aprendo cerimoniosamente le tende di un baldacchino, sotto il quale un altro messaggero celeste sta portando il Cristo Bambino a sua madre. Maria è inginocchiata e si è scoperta il seno per allattare il bambino. La dimensione insolita della figura di Maria è una caratteristica dell’opera tarda di Botticelli; egli enfatizzava spesso l’importanza delle figure principali nelle sue scene aumentando le loro dimensioni.
Si dice che Caravaggio abbia affermato di mettere lo stesso impegno nel dipingere un vaso di fiori che nel dipingere figure umane. Un tale atteggiamento non solo mette in discussione la gerarchia dei generi pittorici che aveva prevalso dall’Alberti in poi, ma segna anche l’inizio di una tradizione della pittura europea di natura morta che si svilupperà continuamente da allora in poi. Mentre fino ad allora c’erano stati solo casi sporadici di dipinti di oggetti “puri” da Caravaggio in poi, la natura morta sarà il più popolare dei generi. È una risposta all’aumento delle collezioni d’arte private e alla loro richiesta di una pittura profana e virtuosa. Caravaggio ha compensato l’apparente perdita di gravità contenutistica in un modo sorprendente. Il cesto è all’altezza degli occhi e sporge oltre il bordo del tavolo nello spazio reale dello spettatore. In questa esagerazione formale l’oggetto altrimenti banale assume una monumentalità inaudita che rende la vita segreta degli oggetti, il gioco della luce sulle loro superfici e la varietà delle loro texture degne di tale pittura.
Il soggetto di questo ritratto è Paolo Morigia, figura di spicco della cultura milanese degli ultimi decenni del XVI secolo. Fu generale della Congregazione dei Gesuati e autore di numerosi testi storici ed eruditi. È ritratto in età avanzata, con l’abito bianco del suo ordine e circondato dagli attributi convenzionali del lavoro intellettuale. Questo ritratto impressionò così tanto il Morigia che divenne un devoto sostenitore di Fede Galizia.
Fu solo nel 1904 che la mano e lo spartito furono scoperti sotto le sovradipinture, e sono queste che hanno dato al dipinto il suo titolo attuale. Dopo questa scoperta, sono stati fatti anche degli sforzi per identificare la persona raffigurata. Sono noti i nomi di due importanti musicisti di corte a Milano in quel periodo: Franchino Gaffurio e Josquin des Prés. Ma non c’è alcuna indicazione chiara che ci permetta di identificare uno di questi due in questo ritratto. L’attribuzione a Leonardo è dibattuta. Se il quadro è opera di Leonardo, questo è l’unico ritratto di un uomo eseguito dall’artista.
Dipingere fiori significa entrare in competizione con la natura, in una sfera in cui lei stessa è un’artista. Con i pennelli e i colori, l’artista crea una primavera vivente piena di fiori che non appassiscono con il caldo dell’estate né periscono sotto la neve dell’inverno. In realtà sarebbe impossibile disporre un bouquet come quello presentato qui, non solo perché combina fiori che sbocciano in tempi diversi, ma anche perché crollerebbe. In questo quadro, i fiori più piccoli sono dipinti in basso e quelli più grandi e pesanti in alto, un espediente che serve a guidare l’occhio. Tra gli insetti attratti dal bouquet ci sono le farfalle. Nella tradizione cristiana la farfalla è un’allegoria dell’esistenza umana e del ciclo della vita in un corpo fisico, della morte e della resurrezione dell’anima. Anche un’ape si è intrufolata nel quadro, a indicare la cura con cui il pittore ha selezionato, tra le innumerevoli varietà di fiori, solo le fioriture più magnifiche per il suo bouquet.