Musei in 5 opere:
Museo di San Marco
by Cristian Camanzi
by Cristian Camanzi
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Oggi siamo in Italia, più precisamente a Firenze, all’interno del Museo di San Marco. Oltre agli affreschi del Beato Angelico per i quali il convento di San Marco è noto, il museo possiede una superba collezione dei suoi dipinti su tavola, comprese importanti pale d’altare. Non a caso il museo viene a volte anche denominato “dell’Angelico”. Sono inoltre presenti i lavori di altri pittori fiorentini, specialmente di Fra’ Bartolomeo il quale, come l’Angelico, era un frate domenicano e spese parte della vita nello stesso convento.
Ecco 5 cose da non perdere, se visitate il Museo di San Marco:
Questo è il dipinto principale della pala d’altare, chiamata Pala di San Marco. Rappresenta la Vergine col Bambino in trono con angeli e santi, fu eseguita per il convento di San Marco e dedicata ai santi Cosma e Damiano. La pala fu eseguita dopo la decisione di Cosimo de’ Medici nel 1438 di trasferire a Cortona il trittico che serviva da altare principale della chiesa del convento. Raffigura, sul davanti, i Santi Cosma e Damiano inginocchiati, poi in seconda fila, da sinistra: San Lorenzo, Giovanni Evangelista, Marco, Domenico, Francesco e Pietro Martire. Si presume che la figura di San Cosma sia il ritratto di Cosimo de’ Medici. In basso al centro si vede una Crocifissione con sfondo dorato.
Girolamo Savonarola (1452-1498), nato a Ferrara, fu per qualche tempo priore del convento di San Marco. Ispirato dall’avversione per le cose mondane e dai più alti ideali religiosi, con il suo esempio e le sue prediche oscuramente minacciose e profetiche condannò prima lo stile di vita corrotto di Firenze poi la gerarchia ecclesiastica di Roma. Ignorando numerosi richiami e sprezzante del pericolo, fu condannato a morte: insieme ai suoi confratelli, Domenico da Pescia e Silvestro Maruffi. Fra Bartolomeo, entrato nell’ordine domenicano, dipinse probabilmente questo ritratto di Savonarola mentre quest’ultimo era ancora in vita. Vediamo il profilo nitido dell’asceta dipinto su uno sfondo nero sotto un cappuccio scuro. L’iscrizione latina sul pannello sotto il ritratto prova che il monaco era considerato un profeta: “Ritratto del profeta Girolamo da Ferrara, mandato da Dio”.
Quest’opera fu originariamente commissionata da Palla Strozzi a Lorenzo Monaco, per la sacrestia della chiesa di Santa Trinità a Firenze, ma al momento della morte di Monaco solo i pinnacoli di quest’opera erano stati dipinti. Quando l’Angelico prese in mano la commissione, si trovò costretto dalla cornice gotica a tre arcate già pronta. Egli ignorò questi vincoli facendo un uso abile dei tre archi nella sua composizione per fornire una scena di stupefacente bellezza e di emozione sommessa ma struggente, ambientata in un ampio paesaggio toscano. Sebbene l’opera sia dipinta su un solo pannello, i tre archi della cornice trovano un’eco nella disposizione delle figure in tre gruppi.
Non sono molte le pittrici donne nella storia dell’arte, soprattutto se parliamo di periodi storici più remoti. Questo dipinto è l’opera più conosciuta dell’artista. Originariamente era collocato sull’altare della chiesa del convento fiorentino di Santa Caterina, dove Plautilla visse come monaca e servì come badessa. La composizione deriva dal Compianto di Fra’ Bartolomeo, ma qui lei ha incluso altre due donne accanto alla Vergine. Tutte le figure esprimono forti emozioni.
Anche se l’ubicazione originale di questa pala d’altare era il Convento di San Vincenzo d’Annalena, sembra sia stata dipinta per la doppia cappella della famiglia Medici, dedicata ai Santi Cosma e Damiano e situata nel transetto sud di San Lorenzo, a Firenze. I santi rappresentati sulla pala d’altare sono i patroni dei membri maschi della dinastia dei Medici: Cosma e Damiano.