Musei in 5 opere:
Musée d’Art et d’Histoire di Ginevra

by Cristian Camanzi

Nuovo appuntamento per la rubrica con la quale vi portiamo alla scoperta dei musei nel mondo. Un po’ quello che vi aspetta scaricando la nostra app QuickMuseum, che trovate disponibile gratis sia per dispositivi Apple che per Android. Grazie alle sue mappe, alle audioguide, ai giochi e ai percorsi personalizzati potrete esplorare le splendide collezioni dei più importanti musei d’Europa, ma non solo. Abbiamo aggiunto anche alcune realtà museali più piccole, ma che riguardano la nostra regione, l’Emilia Romagna.

Oggi siamo in Svizzera, più precisamente a Ginevra, all’interno del Musée d’Art et d’Histoire. La collezione del Musée d’Art et d’Histoire di Ginevra spazia dagli artefatti preistorici all’arte contemporanea. La raccolta di pittura vanta esempi che provengono dalla maggior parte delle migliori scuole, e accoglie in particolare opere di artisti svizzeri o che lavorarono in Svizzera. Tra questi Hodler, che spese gran parte della sua vita a Ginevra, Liotard, nativo della città e Witz. Il suo quadro La pesca miracolosa del 1444 rappresenta uno scorcio del lago di Ginevra ed è una delle prime rappresentazioni di un paesaggio reale e riconoscibile.

Ecco 5 cose da non perdere, se visitate il Musée d’Art et d’Histoire di Ginevra:

Konrad Witz, la pesca miracolosa, 1443-44

L’unica opera firmata e datata del pittore svizzero Konrad Witz è la Pala di San Pietro, di cui sono sopravvissuti solo quattro pannelli. La Pesca Miracolosa è il capolavoro di questa pala. In quello che è stato spesso descritto come il primo paesaggio topografico della pittura nordica. Witz ci presenta una splendida veduta della campagna svizzera. Il mare di Galilea, infatti, è il lago di Ginevra visto nei dintorni del Monte Bianco, con il Petit Salève al di là del lago e la montagna scura, il Môle, che vediamo sopra la testa di Cristo.

Maurice Quentin del La Tour, ritratto di Jean Jacques Rousseau, 1753

La categoria di “pittore a pastello” fu riconosciuta dall’Accademia quando Maurice Quentin de La Tour, dopo essere diventato associato nel 1737, fu nominato membro effettivo nel 1746. L’arrivo a Parigi della protagonista veneziana del pastello, Rosalba Carriera, convertì La Tour a questa tecnica. L’effetto polveroso e delicato dei pastelli incanta i clienti aristocratici, dando vita a un’arte alla moda che ripete la stessa posa, lo stesso sorriso, la stessa assenza di sfondo. Dal 1740 al 1760, La Tour realizzò ritratti che spaziavano dalla famiglia reale a Jean-Jacques Rousseau e Madame de Pompadour.

James Tissot, la donna più bella di Parigi, 1883-85

Al suo ritorno dall’Inghilterra nel 1882, Tissot iniziò una serie intitolata La femme à Paris per rilanciare la sua attività sul mercato parigino. In questa serie, l’artista propone la sua versione del ritratto moderno, raffigurando la figura intera o a mezzo busto a grandezza naturale in un ambiente che cattura lo spirito del tempo, le mode effimere e i piaceri della ricca borghesia. Al centro di tutti gli sguardi, la giovane donna avanza in una prospettiva frontale che offre una visione profonda del suo corpo, vestito con un elegante abito nero con pizzo che sottolinea la scollatura, e invita lo spettatore a una sorprendente vicinanza.

Ferdinand Hodler, il lago di Ginevra e il Monte Bianco con i cigni, 1918

Dopo la partecipazione di Ferdinand Hodler alla XIX Esposizione della Secessione a Vienna nel 1904, la sua produzione di paesaggi divenne sempre più densa, mentre l’artista riscuoteva sempre più successo. Il ginevrino d’adozione continua la sua ricerca di una sintesi tra paesaggio topograficamente accurato e rappresentazione idealista. Le sue composizioni si caratterizzano d’ora in poi per l’assenza della figura umana e in generale, in reazione al positivismo del suo secolo, per il rifiuto della civiltà. È così che sono nati i suoi cosiddetti Paesaggi planetari. Il più delle volte raffigurano il lago di Ginevra, come mostra in modo emblematico la mirabile Rade de Genève e il Monte Bianco all’alba. Questo quadro fu dipinto nel 1918, poche settimane prima della morte dell’artista, dalla finestra del suo appartamento al 29 quai du Mont-Blanc. In esso, l’artista articola ogni registro in senso orizzontale, ridefinendo al contempo il rapporto tra luce e colore. Al limite dell’astrazione, questo testamento pittorico esprime serenamente ma con grande carica emotiva un sentimento di abbandono.

Claude Monet, angolo dello stagno delle ninfee, 1918

L’artista si stabilì a Giverny nel 1883 e iniziò la serie delle ninfee una ventina di anni dopo, ma non perse mai più l’interesse per esse. Nelle sue innumerevoli evocazioni della natura che lo circondava, c’è un desiderio feroce di avvicinarsi sempre di più ad essa, per cercare di rilevarne le infinite sfaccettature e variazioni. Qui Monet trascrive, in un tripudio di colori, le vibrazioni di foglie e fiori e il gioco della luce sull’insieme.

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