Musei in 5 opere:
Koninklijk museum voor Schone Kunsten di Anversa
by Cristian Camanzi
by Cristian Camanzi
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Oggi siamo in Belgio, più precisamente ad Anversa all’interno del Koninklijk museum voor Schone Kunsten. Insieme ai Musees Royaux di Bruxelles, il Koninklijk Museum voor Schone Kunsten di Anversa è il più importante del Belgio. Principalmente si tratta di una collezione di dipinti di antichi maestri, anche se accoglie alcune opere moderne. Espone arte neerlandese, fiamminga, olandese e belga. Uno dei suoi punti di forza è rappresentato da un gruppo di pale d’altare di Rubens, ma offre anche buoni esempi di altre scuole, specialmente francese, tedesca e italiana.
Ecco 5 cose da non perdere, se visitate il Koninklijk museum voor Schone Kunsten di Anversa:
Il dipinto è incastonato in un hortus conclusus, con la fontana che rappresenta la Fontana della Vita. La Madonna è raffigurata vestita di blu, la sua figura è incorniciata da un baldacchino riccamente ricamato sostenuto da due angeli. Gesù bambino tiene nella sua mano sinistra grani di preghiera, suggerendo, insieme al cespuglio di rose dietro le figure, il rosario. Dalla metà del XV secolo il rosario stava diventando sempre più popolare nel nord Europa.
La croce di Gesù campeggia al centro della composizione, secondo le forme canoniche delle Crocifissioni, mentre ai lati si trovano i due ladroni crocifissi su rami che fanno assumere loro posizioni contorte stridenti con la silente compostezza del Cristo. In primo piano si trovano i dolenti, Maria e san Giovanni, colti in un momento di preghiera e di composto dolore. Attorno ad essi numerosi dettagli simbolici, come i teschi, il gufo, le serpi, tutti oscuri presagi di morte. Lo sfondo è composto da un paesaggio popolato da numerosi animali e tracce della presenza umana, come rovine antiche e un castello, il tutto caratterizzato da un grande specchio d’acqua che si perde in lontananza. Recenti studi orografici effettuati nel 2010, mettendo a confronto con la tecnica della sovrapposizione le colline del quadro col paesaggio reale, hanno dimostrato che il paesaggio ritratto nell’opera è probabilmente il panorama dello stretto di Messina visto dalle colline della valle del torrente Camaro.
Si tratta dell’ala destra di un dittico, originariamente situato a Melun. L’ala sinistra, raffigurante Étienne Chevalier e San Pietro martire, si trova allo Staatliche Museen di Berlino. Sull’anta destra si trova un’esile figura femminile in piedi, con un seno scoperto. Ha la fronte rasata e sporgente, in voga all’epoca. Il viso e la pelle, così come il corpo del Bambino Gesù, sono di un pallido bianco-grigio, come se fossero dipinti a grisaille; il grigio-blu della veste dà un’impressione di stanchezza e languore. Il trono, sontuosamente ornato da pannelli di marmo, perle, pietre preziose e grandi nappe d’oro, è circondato da cherubini dipinti in rosso e blu vivaci; le loro figure, che ricordano decorazioni bidimensionali, riempiono completamente il resto del pannello. La tradizione vuole che Agnés Sorel, famosa bellezza dell’epoca, sia stata la modella di questa Madonna, e l’aspetto straordinariamente alla moda e un po’ frivolo della figura fa pensare che non sia troppo lontano dalla verità.
Il giovane uomo è ritratto di tre quarti, girato a destra, a mezzobusto. Non se ne conosce l’identità, ma non è escluso che fosse uno dei numerosi italiani presenti in quegli anni ad Anversa o a Bruges, spesso committenti di opere ai pittori locali: qualcuno ha anche ipotizzato che fosse Bernardo Bembo. Altri invece lo identificano col medaglista fiorentino Niccolò di Forzore Spinelli. Egli si volta verso lo spettatore, ma ne evita il contatto visivo, guardando vacuamente verso destra. Mostra invece con chiarezza una medaglia romana, probabilmente dell’imperatore Nerone, che è una testimonianza degli interessi umanistici dell’effigiato. Lo sfondo è un ampio paesaggio lacustre, che si perde, con toni azzurrini, in lontananza: Memling fu uno dei primi artisti ad ambientare i suoi ritratti all’aperto, anziché su un tradizionale fondo scuro, venendo preso ad esempio da molti pittori, anche italiani, tra cui Botticelli e Perugino. L’uomo indossa una mantella nera e un berretto dello stesso colore, con una camicia bianca che sporge dal collo. Il volto è molto intenso, con un’attenzione millimetrica alla resa dei dettagli. I capelli sono ricci e cadenti sulle orecchie, gli occhi castani dal taglio piccolo, il naso robusto dritto, le labbra sottili, il mento con fossetta. Tipico dell’area fiamminga è il dettaglio del parapetto su cui l’uomo finge di poggiare la mano che tiene la moneta, quasi a voler sfondare la barriera tra il dipinto e lo spettatore, nonché a giustificare il taglio a metà, come se si affacciasse.
Una donna ha conquistato il suo uomo. Presenta la sua “conquista” con un gesto della mano. Nell’altra tiene un piccolo bouquet. Sono sposati? Forse. Volti grottescamente comici e sinistri circondano la coppia. Una donna dalla faccia rozza porta una bambola sulla spalla. O è un bambino morto? Indica l’uomo: il suo destino è incerto. Un teschio con la mascella allentata osserva la scena. I contrasti cromatici intensi e aggressivi e le pennellate ruvide e nervose intensificano la brutta atmosfera. L’Intrigo è uno dei più bei mascheramenti dell’intera opera di James Ensor. Le maschere sono solite nascondere il vero volto di chi le indossa. In Ensor funzionano esattamente al contrario. A partire dal 1880, il pittore utilizzò questi travestimenti per rivelare la malizia interiore dei suoi personaggi in scene bizzarre e grottesche. Alcuni storici dell’arte hanno interpretato quest’opera come la visione personale di Ensor del matrimonio. La sposa ha catturato lo sposo. Il povero uomo non sa dove andare. Le maschere offrivano a James Ensor nuove possibilità espressive. I contrasti aggressivi dei colori non mescolati sono sorprendenti. Ensor permette alla luce e al colore di fondersi l’uno nell’altro, una tecnica presa dagli impressionisti francesi.