Musei in 5 opere:
Galleria Nazionale delle Marche

by Cristian Camanzi

Nuovo appuntamento per la rubrica con la quale vi portiamo alla scoperta dei musei nel mondo. Un po’ quello che vi aspetta scaricando la nostra app QuickMuseum, che trovate disponibile gratis sia per dispositivi Apple che per Android. Grazie alle sue mappe, alle audioguide, ai giochi e ai percorsi personalizzati potrete esplorare le splendide collezioni dei più importanti musei d’Europa, ma non solo. Abbiamo aggiunto anche alcune realtà museali più piccole, ma che riguardano la nostra regione, l’Emilia Romagna.

Oggi siamo in Italia, più precisamente nelle Marche, all’interno della Galleria Nazionale delle Marche. Una piacevole, piccola e memorabile collezione, collocata nella splendida cornice del palazzo ducale di Federico da Montefeltro, uno fra i più belli edifici del rinascimento. Il quadro più famoso della raccolta è la Flagellazione di Piero della Francesca. Altri grandi artisti presenti sono Raffaello, Tiziano, Paolo Uccello e Giusto di Gand. Un superbo esempio di intarsio ligneo è nello studiolo del duca Federico.

Ecco 5 cose da non perdere, se visitate la Galleria Nazionale delle Marche:

Raffaello, la Muta, 1504

Il ritratto femminile noto come la Muta rappresenta un ritorno all’influenza di Leonardo. Proviene certamente dall’ambiente fiorentino, poiché è stato dato in custodia alla Galleria Nazionale delle Marche dagli Uffizi, dove era stato conservato per diverse centinaia di anni. È stato attribuito a Raffaello solo recentemente. Leonardo ispira soprattutto la posa della figura, le cui caratteristiche mani incrociate costituiscono un riferimento molto chiaro alla Gioconda. Le grandi aree di colore che emergono in toni più chiari dallo sfondo quasi nero e il trattamento analitico dei dettagli dell’abbigliamento della donna sono caratteristici di Raffaello.

Piero della Francesca, Flagellazione, 1455 c.

Questo dipinto su pannello fu eseguito da Piero durante la sua prima visita a Urbino. Contiene sottili riferimenti alla situazione politica dell’epoca, che oggi sono molto difficili da comprendere. La teoria che sembra essere proposta più frequentemente è che il dipinto sia stato commissionato come un tentativo di favorire la riconciliazione tra le due chiese cristiane, d’Oriente e d’Occidente, in vista dell’imminente attacco turco a Costantinopoli. Sia la presenza del personaggio al centro, vestito alla greca, sia un’iscrizione sulla cornice, “convenerunt in unum”, sembrerebbero sostenere questa interpretazione.

Piero della Francesca?, La città ideale, 1470 c.

Piero smise gradualmente di dipingere quasi vent’anni prima della sua morte. Certamente una delle ragioni sarebbe stata la sua salute malferma e la sua crescente cecità; ma è anche probabile che volesse approfondire le teorie dietro quelle leggi della prospettiva e delle proporzioni che, con l’aggiunta del suo talento originale e inventivo, avevano contribuito alla creazione di un’arte moderna così diversa dalla sua, Piero della Francesca rispose con i suoi trattati “De Prospectiva pingendi” e “De Corporibus regularibus”, in cui analizzava le basi teoriche e scientifiche della sua cultura pittorica. È dai suoi disegni nel De Prospectiva che nasce la costruzione prospettica del pannello cosiddetto Città Ideale. Questo dipinto è così strettamente legato agli scritti teorici di Piero che deve essere stato dipinto da un suo strettissimo collaboratore.

Studiolo di Federico da Montefeltro, 1473-1476

L’ambiente più celebre del palazzo d’Urbino, e quindi della Galleria Nazionale, è questo intimo studiolo che il duca si fece costruire e decorare con dipinti e tarsie lignee intese a esaltare, tramite composizioni prospettiche di ardita invenzione, l’attività intellettuale cui la stanza era destinata. Nella parte superiore delle pareti correva una teoria di ritratti degli uomini illustri, oggi in parte conservati al Louvre di Parigi.

Pedro Berruguete, Il principe Federico da Montefeltro e suo figlio, 1480-81

I primi riferimenti storici a Berruguete riguardano il suo soggiorno a Urbino. Il duca di Urbino, aveva convocato l’artista per decorare la biblioteca e lo studio del suo magnifico palazzo con allegorie delle arti liberali e ritratti di pensatori biblici e pagani. Dipinse anche il solenne ritratto di Federico e suo figlio che dà un’idea della sua padronanza dei valori tattili e delle qualità ariose dello spazio fisico, perfettamente suggerite in profondità.

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