Musei in 5 opere:
il Louvre a Parigi
by Cristian Camanzi
by Cristian Camanzi
Quinto appuntamento per la rubrica con la quale vi diamo un assaggio di ciò che vi aspetta scaricando la nostra app QuickMuseum. Grazie alle sue mappe, alle audioguide, ai giochi e ai percorsi personalizzati potrete esplorare le splendide collezioni dei più importanti musei d’Europa.
Oggi vi parliamo del Louvre, il museo nazionale e la principale galleria della Francia. Il primo edificio risale al 1190, quando Filippo secondo decise di erigere una fortezza arsenale per conservare i tesori reali composti da gioielli, armature, manoscritti e molto altro. Poi nel corso dei secoli fu sempre più ampliato diventando vera e propria residenza reale. Nel XVI secolo venne demolito e ricostruito, prendendo nel corso dei decenni successivi l’aspetto che vediamo oggi. Al 1793 risale la sua prima apertura al pubblico come galleria nazionale di Francia. Si dovranno però aspettare gli anni Ottanta del Novecento per vedere un totale riordino e ristrutturazione del museo. La celebre piramide di vetro infatti è opera dell’architetto americano I.M. Pei che ne ridisegnò anche gli spazi interni e la suddivisione in ale tematiche.
La Nike di Samotracia ha colpito intere generazioni di visitatori. È un’icona che si erge maestosa in cima allo scalone progettato da Hector Lefuel. La Nike è l’incarnazione della Vittoria, considerata dai Greci una divinità, rappresentata come una donna con le ali, pronta a prendere il volo o appena posatasi. La statua ci appare perfettamente equilibrata e compiuta e se un giorno si dovesse ritrovare la testa la Vittoria che vigila sui visitatori del Louvre, non sarebbe più la stessa.
L’opera è soprannominata la Belle Jardiniere per via dello sfondo campestre che la circonda. Rappresenta una delle numerose variazioni dello stesso tema religioso realizzate da Raffaello durante la sua permanenza a Firenze. Il giovane pittore afferma già la propria personalità in particolare per l’intensa carica espressiva dei sentimenti dei personaggi, per la loro dolcezza e spontaneità, nonché per il ritmo e l’armonia che caratterizzano il suo stile.
Rappresenta il simbolo per eccellenza del museo del Louvre ed è forse il ritratto più conosciuto al mondo. L’opera ritrae una donna, capelli e occhi castani, un leggero velo scuro le copre il capo, segno di virtù. La straordinarietà di quest’opera sta nella sua capacità di stabilire con chi guarda un rapporto di comunicazione profondo. Leonardo permette allo spettatore di comunicare con la persona ritratta nel quadro e di stabilire una connessione intima e profonda. Un dialogo il cui alfabeto è quello delle emozioni.
Il 14 giugno del 1601 Caravaggio ricevette una nuova commissione una pala d’altare raffigurante la morte della Vergine. La tradizione cristiana vuole che Maria non muoia, ma semplicemente si addormenti nel signore prima della sua assunzione in cielo. Ma per quel rivoluzionario e rissoso di Caravaggio la Vergine non è immateriale, al contrario, è in carne e ossa, anzi, carne e ossa morte. I committenti rimasero disgustati e restituirono l’opera al pittore considerandola scandalosa e blasfema.
Delacroix dipinse questa grande tela per celebrare le giornate della rivoluzione repubblicana di Parigi del 28 luglio del 1830 quando il popolo insorse contro la monarchia borbonica di Carlo X. Ci sentiamo parte dell’episodio descritto, infiammati da un animo romantico che ci impone di seguire la libertà e di imbracciare le armi con essa e per essa. Nel contempo proviamo il dolore di tale scelta, sentiamo gli spari, vediamo i cadaveri, proviamo compassione e avvertiamo la morte.