La rete e il digitale per la cultura:
resistenze, stereotipi e coraggio

by Cristian Camanzi

Una cosa è indubbia quando si parla nel nostro paese di media digitali e cultura. C’è un ritardo nell’adozione di questi strumenti da parte delle istituzioni culturali e ciò ha portato a un vuoto sul senso culturale che i mezzi digitali avrebbero dovuto o potuto tratteggiare. Un ritardo causato da diverse ragioni, probabilmente anche o forse soprattutto generazionali. Esiste infatti una resistenza da parte di molte istituzioni culturali nei confronti degli strumenti di condivisione digitale e anche noi di ARTernative abbiamo avuto a che fare a volte con questo tipo di resistenza. Spesso però si tratta veramente di una serie di preconcetti fondati su stereotipi che disconoscono il digitale, collegato al mondo dei giovani. Giovani e digitale sembrano uniti per destino e per limitatezza culturale, ma niente è più lontano dalla realtà. O meglio niente è più banalizzante di questa visione paternalistica.

È necessario allontanare tutti questi preconcetti e stereotipi prendendo atto di un concetto fondamentale. In questo momento storico riflettere, lavorare e costruire progetti sulla rete e sul digitale si pone come una questione di conoscenza, di cultura, di consapevolezza, di ricerca e anche di democrazia. Ovviamente non bisogna improvvisarsi esperti di questi temi e nemmeno dare giudizi sull’onda di reazioni emotive o di motivazioni di carattere personale. La rete e il digitale hanno studiosi, testimonial professionali ed esperti. Servono distinguo, fatica, applicazione e onestà intellettuale per provare a comprendere la rivoluzione in cui siamo immersi tutti.

Certamente i valori comunemente associati al lavoro digitale sono diversi da quelli di un’istituzione culturale secolare. Impatto, rapidità, coraggio e trasparenza, la capacità di spingere o di trasformare non sono caratteristiche che si sentono spesso in relazione a un’istituzione culturale. Dare mandato di cambiamento è rischioso e le istituzioni culturali sono naturalmente poco propense al rischio, nella maggioranza dei casi. Quindi quali consigli ci sentiamo di dare a un museo o a un’istituzione culturale in generale? Un museo è di per sé l’incarnazione di un servizio culturale e democratico per tutti quindi dovrebbe rappresentare anche nei mezzi, nel linguaggio e negli strumenti utilizzati la società che cambia. Ci vuole il coraggio di accogliere questi cambiamenti, alcune volte rompendo le regole e superando freni antiquati che rischiano di rendere musei e istituzioni del tutto irrilevanti dal punto di vista del proprio scopo e della propria missione alta. Ovvero non solo conservare la cultura, ma anche il saperla trasmettere, il saperla diffondere, raggiungendo nuove generazioni, nuovo pubblico, nuove frontiere.

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