Arte e cinema:
Camille Claudel 1915

by Cristian Camanzi

Oggi, riprendendo la nostra rubrica tra arte e cinema, vi proponiamo una breve analisi di un film del 2013 dedicato a una grande e sfortunata artista. Il film di Bruno Dumont è per molti aspetti il ​​suo più scoraggiante, un film profondamente cupo, che colpisce al cuore. Basato su eventi reali, descrive il calvario di Camille Claudel. La grande artista e musa di Rodin è interpretata con passione da Juliette Binoche, che brilla in un ruolo davvero alla sua altezza. Claudel era una scultrice di grande talento e fu l’amante di Auguste Rodin. Dopo una brillante e scandalosa carriera, Camille subì un crollo nervoso e nel 1913 fu rinchiusa in un manicomio per i restanti 30 anni della sua vita, privata della sua arte, su insistenza del fratello Paul, devotamente cattolico.

La trama in poche righe

Il film è come un trittico in cui Camille occupa due pannelli e Paul uno. Siamo nel 1915 e seguiamo l’esistenza della donna in questo gulag spirituale, praticamente momento per momento. Paul arriva nell’ultimo terzo del film e riceve lo stesso tipo di attenzione data a Camille. Per prima cosa lo vediamo offrire una preghiera rapita e quasi mistica all’alba che ci mostra il suo forte senso cristiano. È certamente difficile trovare nel comportamento di Paul qualcosa di diverso dall’ottusa incomprensione e dall’invidia verso uno spirito più grande: la sorella. Paul, interpretato da Jean-Luc Vincent, è dotato di un’inquietante calma e sicurezza, un formidabile autocontrollo.

Il nostro parere sul film

Parte della bellezza inquietante del film sta nel fatto che non ci invita semplicemente ad arrabbiarci contro l’evidente ingiustizia sociale praticata su Camille. La Binoche conferisce dignità al suo ruolo, che si esprime in una tragica grandiosità. Ci offre a un certo punto del film un meraviglioso monologo arrabbiato, rivolto al vecchio direttore del manicomio, e una grande scena in cui osserva gli altri pazienti-reclusi della struttura mentre provano una rappresentazione teatrale. All’inizio sorride dell’innocenza degli attori, poi piange al ricordo del suo amato Rodin. Quasi tutto ciò che vede e sente la travolge intensamente. Il calvario subito dalla Claudel fu il terribile spreco di una vita e di un talento che avrebbe potuto essere coltivato e sviluppato verso risultati che non vedremo mai. Paul, il fratello di Camille, vedeva il genio artistico della sorella come il risultato di una vanità auto-imprigionante che andava contro le sue credenze religiose. A Paul fu permesso di contemplare questa idea in libertà, a Camille purtroppo no.

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