Arte e cinema:
Big Eyes, di Tim Burton
by Cristian Camanzi
by Cristian Camanzi
Big Eyes è un film biografico del 2014 diretto da Tim Burton, scritto da Scott Alexander e Larry Karaszewski e interpretato da Amy Adams e Christoph Waltz. Il film racconta la vita dell’artista americana Margaret Keane, famosa per i suoi ritratti dai caratteristici grandi occhi. In particolare il film segue la storia di Margaret e suo marito, Walter Keane, che si prese il merito per i dipinti spacciandoli per suoi. In 10 anni l’impostore Walter mise insieme una vera fortuna, fregando tutta l’America. Per un po’ Margaret accettò la situazione, ma poi prese coraggio e fece causa al marito, rivelando che il vero artista dietro ai grandi occhi dipinti era proprio lei.
Il processo all’epoca ebbe un forte impatto mediatico negli Stati Uniti, forse perché il suo caso incarnò la rivincita di una donna, pittrice in un mondo ancora molto maschilista. Il femminismo era alle porte e questa artista ne fu per certi versi una pioniera. Inoltre divenne celebre il modo in cui il giudice decise di risolvere il processo: ordinò a Margaret e Walter di creare nell’aula di tribunale un dipinto rappresentante un bambino. Come potrete ben immaginare Walter ebbe serie difficoltà a terminare l’opera.
Il regista, Tim Burton, torna dopo diversi anni a realizzare una biografia (forse vi ricorderete il film Ed Wood) che ci racconta quella che di fatto è stata una delle frodi d’arte contemporanea più clamorose. Ci racconta inoltre di un’epoca, quella tra gli anni ’50 e gli anni ’60 in cui le donne artiste non erano prese molto in considerazione.
Una curiosità: il regista Tim Burton conosce personalmente Margaret ed è un suo fan e collezionista da molti anni, tanto che chiese all’artista la realizzazione di un ritratto della sua ex compagna Lisa Marie.
Per chi è abituato ai film del regista “gotico” per eccellenza forse non si ritroverà molto nelle atmosfere di Big Eyes. Potrebbe essere per molti una delusione, ma forse per Tim Burton è stata una scelta dettata dalla sincera stima provata nei confronti di Margaret Keane. Il regista infatti abbandona scenari cupi, inquietanti e malinconicamente dark per illuminare il film con la luce del sole, scegliendo toni pastello e colori decisamente vicini all’idea da “Happy Days” che abbiamo degli Stati Uniti negli anni ’50 e ’60.
Un buon film per quanto possano piacere o siano discutibilmente ripetitive le opere della Keane. Una storia decisamente strana, come tante ne ha raccontate Tim Burton, con fotografia, musica e costumi all’altezza. Una storia d’emancipazione e di verità.